La città

L'abitato di Sestu, le cui coordinate geografiche sono latitudine 39° 15’ e longitudine 3° 15’ ad occidente del meridiano di Monte Mario, con un’altezza sul livello del mare di 45 mt, si è sviluppato, con pianta dispersa, attorno a varie strade provinciali.

Il Rio Cannas lo attraversa dividendolo in due parti: Part’ e Sussu e Part’e Jossu.

Nasce come modesto aggregato di capanne accovacciate nell’ansa di questo torrente nel 2000 a. C. circa e si sviluppa progressivamente a raggiera attorno al primo nucleo fino a raggiungere l’estensione attuale di circa 200 ettari. Fino al 1800 non abbiamo dati sulla sua configurazione e sulle dimensioni reali, ma da vari documenti d’archivio possiamo dedurre che negli ultimi secoli e fino alla seconda guerra mondiale praticamente è rimasto statico essendo stato assai modesto il suo accrescimento.

 

L’abitato, con la sua forma di poligono irregolare, nel nucleo più antico è caratterizzato da strade irregolari, strette e tortuose, oggi asfaltate e dotate di idonee strutture per lo scolo delle acque, ma una volta sconnesse ed emananti mefitici effluvi dovuti ai pantani che si formavano sul loro fondo in terra battuta, ed a cui si aggiungevano le esalazioni provenienti dai letamai esistenti nei cortili delle case. Solo dopo il 1850 si procedette a dare una sistemazione alle strade col loro selciamento. Notizie sull’abitato, approssimative ma di rilievo, le abbiamo solamente dagli inizi del XIX secolo.

 

Dal registro conservato nell’archivio storico comunale e datato 25 aprile 1804, relativo ai beni immobili esistenti a Sestu, ricaviamo che l’abitato era composto da 355 abitazioni così ripartite:

• 90 composte da una sola stanza

• n. 138 composte da due stanze

• n. 64 composte da tre stanze

• n. 38 composte da quattro stanze

• n. 12 composte da cinque stanze

• n. 5 composte da sei stanze

• n. 2 composte da sette stanze

• n. 3 composte da otto stanze

• n. 2 composte da nove stanze

• n. 1 composta da quattordici stanze

 

Quarantotto proprietari possedevano più di una casa. Ben 342 abitazioni avevano il cortile davanti e solo 13 ne erano prive; 201 abitazioni avevano il cortile anche nel retro; 250 avevano la lolla divisa in arcate, che di solito corrispondeva al numero delle stanze che componevano l’abitazione; eccezionalmente una lolla era composta da ben 20 arcate. La lolla era più diffusa nella Part’e Jossu dell’abitato, che comprendeva anche un numero maggiore di abitazioni rispetto alla Part’e Susu, anche se sostanzialmente le due parti si eguagliavano per estensione, dovuto questo al fatto che la Part’e Susu era composta da abitazioni e cortili più ampi rispetto a quelli dell’altra parte del paese.

Dai dati esposti deduciamo che oltre i 4/5 dell’abitato era costituito da case modestissime. Come erano queste case? Traspare, intanto, la tipologia tradizionale campidanese costituita dalla casa a corte con la lolla, affiancata dalle strutture di servizio nel cortile antistante la casa, affacciato sulla strada pubblica con il portale ad arco, la cui centinatura è consolidata da belle pietre squadrate o da mattoni cotti. In diversi portali la chiave dell’arco è in rilievo ed è fregiata (imitazione dei blasoni dei nobili, del tutto assenti a Sestu), indice dell’alto rango del proprietario nella scala gerarchica sociale sestese, ma per lo più aventi interessi economici anche a Cagliari: un avvocato, un notaio, un ricco proprietario, un grosso commerciante.

 

Come abbiamo visto, in gran parte dei casi all’abitazione era annesso un cortile anche nel retro, dove si teneva qualche albero da frutta, si coltivavano degli ortaggi, ma soprattutto si portavano su, con amorevole cura, le piante medicinali di diversa specie per curare i mali che affliggevano piccoli, giovani e vecchi. 

La maggior parte dei materiali utilizzati per la costruzione delle case era di produzione locale. Per le strutture murarie, ad eccezione delle fondamenta realizzate in pietrame ricuperato per lo più da vecchi edifici e piccole cave locali, veniva utilizzato su ladiri fabbricato o sul posto stesso dove doveva sorgere l’abitazione, o nelle aie comunali o in altri luoghi idonei.

 

Le tegole (curve) pure erano di produzione locale, assai fiorente e con un posto di riguardo nella produzione a livello provinciale. Faceva eccezione il legname per la travatura del tetto, che proveniva dai boschi di Assemini ed Uta o si acquistava al mercato di Cagliari, ma le canne per l’ordito del sottotetto si tagliavano lungo le sponde dei torrenti locali.

Le case meno squallide, composte da diversi vani, appartenevano ai benestanti. Erano caratterizzate dall’ampio portale che si apriva sulla strada, riparato da un loggiato formato da un tetto spiovente e sorretto da pilastri, per lo più in ladiri. Ai lati vasto cortile si trovavano i disimpegni per la custodia degli attrezzi agricoli, per la provvista della legna, il pagliaio, la cantina, il riparo per i buoi o gli altri animali da lavoro, il forno per la cottura del pane, la cui imboccatura dava spesso sulla cucina. Queste case, anche se erano più ampie delle abitazioni dei poveri, erano prive ugualmente delle elementari necessità per garantire l’igiene e la pulizia. Ne era prova l’esistenza, in un angolo del cortile, del letamaio che si vuotava ad ottobre (chiamato appunto in sardo mesi de ladamini) per essere riempito gradatamente durante tutto l’anno con i rifiuti e gli escrementi delle persone e degli animali ricoverati in casa.

 

Come si presenta oggi l’abitato di Sestu? Fino a qualche decennio fa ha avuto una estensione modesta, circa 40 ettari intorno agli anni 20-30, poi, nell’ultimo trentennio, con l’esplosione demografica, ha avuto una rapida e convulsa crescita dovuta alle massicce immigrazioni, tuttora in atto. La mancanza di un piano conservativo e di ricupero, la carenza di aree edificali e gli alti costi delle poche disponibili, hanno indotto tanti a demolire la vecchia casa e a riedificare sullo stesso suolo, ma con una tipologia moderna e variegata. Così, piano piano, si è snaturato il vecchio centro storico, che in assenza di norme per la sua salvaguardia è destinato inesorabilmente a scomparire. Oggi assistiamo alla compresenza nell’abitato di paesaggi urbani differenti e spesso contrastanti tra loro, da quello dell’antico villaggio a quello della città moderna.

 

Autore: Franco Secci - storico

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