La Dominazione Romana a Sestu

Pietra miliare

Nel 238 a.C. Roma diede inizio alla conquista della Sardegna impadronendosi delle città costiere ed assoggettando poi la pianura del Campidano.

Una volta padrona delle zone più fertili della Sardegna, Roma non modificò la politica agricola di Cartagine, già padrona dell'Isola, anzi intensificò la produzione granaria facendone un granaio della Capitale. Conservò ed ampliò latifondi creati dai punici, assegnandoli a cittadini romani di fiducia. Soprattutto nel periodo imperiale, quando Roma ottenne il dominio totale dell'Isola, si erano affermati maggiormente i latifondi comprendenti ville, vici e mansiones, cioè villaggi e borgate, più o meno grandi, uniti da strade secondarie chiamate diverticula che, intersecando le strade principali, costituivano un tracciato viario che permetteva sia un rapido ed agevole spostamento in caso di necessità, sia uno scambio commerciale più consistente fra i centri abitati. Per mezzo del tracciato viario assai efficiente e dei vici, villae, mansiones, la cultura, la civiltà e la struttura economico-sociale romana penetravano in modo capillare in tutta l'Isola.

La romanizzazione del nostro territorio, effettuata per scopi agricoli è testimoniata da vari reperti archeologici, rinvenuti in periodi diversi. Numerose sono le tracce dell'esistenza, nel periodo in questione, di diversi insediamenti umani nel nostro agro, più o meno consistenti, che in alcuni casi protrassero la loro esistenza sino al periodo della dominazione aragonese. Si trattava di aggregati a tipo e finalità rurali, non tutti fondati dai romani, ma alcuni sorti nel periodo eneolitico e rafforzati dai romani che continuarono a costruire attorno alle aree occupate dai nuraghi e dalle capanne semilapidee.

 

Dappertutto nel nostro territorio sono stati rinvenuti oggetti e tombe risalenti al periodo romano, ritrovamenti del tutto fortuiti dovuti quasi sempre all'esecuzione di lavori agricoli. Ma non sempre si è venuti a conoscenza delle scoperte poiché qualcuno ha custodito gelosamente il segreto per poter tenere i reperti rinvenuti. 

Secondo gli studiosi Sestu era una mansio, cioè una stazione, posta al sesto miglio sulla strada che partiva da Cagliari e giungeva al nostro paese dopo essere passata nel sito di San Lorenzo. La vicinanza alla capitale contribuiva a dare alla mansio un carattere di certa distinzione, superiore a quello propriamente rurale di altri piccoli centri disposti sulla strada che attraversava la Sardegna. Si sentiva l'influenza della parlata latina, come testimoniano alcune epigrafi rinvenutevi. Intorno a Sestu prosperavano diversi altri modesti aggolmerati stando ai reperti rinvenuti in Via Salvemini e Corso Italia, ora all'interno dell'abitato, e in Su Pardu, Seurru, Nuracada, San Gemiliano, Su Moriscau, fuori dell'abitato. In prossimità del paese si rinvennero monete di Caligola e di Domiziano. Verso Piscina Matzeu si trovarono quantità di massi calcarei ben lavorati, con alcuni cippi funerari romani e monete; pare che questi fossero i resti di un pagus, cioè di una piccola borgata di cui non ci è rimasto altro indizio. Nel sito Foradas lo Spano ricorda residui di fabbricati con "vasche formate a smalto" comunicanti con altre, indizio forse di un balneum, e, presso i fabbricati, urne di piombo e di bronzo; nella stessa località furono rinvenute tombe a cappuccina e coperte di vari piani orizzontali di mattoni, ricche di vasellame di ogni forma e grandezza pervenuto per lo più al museo archeologico di Cagliari, ma in parte anche disperso. Nella località Leonaxi si trovò un'urna di bronzo; a Corraxi avanzi di edifici, frammenti di embrici e di altre terraglie e pure un campanello quadrato di bronzo. A San Michele fu rinvenuta una lampada fittile biancastra. Da probabili sepolture a Su Pardu giunsero al museo di Cagliari un mascherone fittile figurante un volto barbato, un preferitolo con rozzi ornamenti grafiti, due lucerne decorate, rispettivamente, da un cervo in corsa tra ippogrifi e da un miles stante in piene armi dinanzi ad altro guerriero in ginocchio e con le braccia legate al dorso. Sempre in Su Pardu si rinvenne un loculo conservante ancora lo scheletro, una fibula con lettere greche, un anello bronzeo con quadrupede inciso sulla gemma, una spada di ferro. Sono inoltre da ricordare ritrovamenti in luoghi imprecisati del territorio comunale quali un piccolo bronzo di Faustina Sen., una corniola rappresentante Cerere con timone nella destra e cornucopia nella sinistra, un vaso rosso con bollo Forom, frammenti di lucerne fittili ornate ed una moneta di Valente. 

La ricerca archeologica, quantunque per lo più casuale e frammentaria, nel complesso ha rilevato tracce di una vita rurale,nelle campagne di Sestu, di una certa intensità e durata corrispondente ad almeno tre secoli dell'Impero. Non mancano i documenti epigrafici risalenti a questo periodo, rinvenuti od ancora conservati a Sestu, di un certo interesse per la storia locale. Ecco i principali.

 

La pietra miliare 

Nel mese di febbraio del 1957, all'interno della chiesa di San Giorgio, durante lavori di restauro, venne messo in luce un miliario romano mancante della parte inferiore, non scritta. Il miliario, appartenente a Settimio Severo, si trovava murato in una delle pareti interne della sacrestia, ed una volta recuperato, fu studiato dal prof. Piero Meloni, dell'Università di Cagliari. Esso presenta un campo iscritto di mt. 1,20 x 0,60, con 21 linee dell'altezza media di cm. 5-6, delle quali la prima e l'ultima illeggibili, mentre la terz'ultima e la penultima sono erase.

 

Non è leggibile all'inizio del miliario la menzione delle miglia, se pure tutto lascia presumere che si tratti del sesto in partenza da Carales, come indica lo stesso nome del paese. Non ci da neppure la denominazione della strada che appare invece nella maggior parte di simili documenti sardi, lasciandoci irrisolto il dubbio se si trattasse della via centrale aperta per esigenze sostanzialmente militari, che da Cagliari conduceva ad Olbia, oppure la strada, la più importante della Sardegna romana che da Cagliari conduceva a Porto Torres. Il sesto miglio di entrambe queste vie ben si adatta alla località occupata da Sestu, per cui gli studiosi della materia hanno ipotizzato che il tratto da Cagliari a Sestu fosse comune alle due strade, le quali si biforcavano proprio all'altezza del sesto miglio. Il miliario è conservato nella stessa chiesa di San Giorgio nella quale è stato rinvenuto.

 

Cippo funerario di Via Vittorio Veneto

Nella Via Vittorio Veneto, di fronte alla Via Sassari, esiste, murato nel basamento di un'abitazione, un cippo funerario del periodo romano. Fu rinvenuto in un terreno nella località Tonara, in data imprecisata, durante l'aratura del fondo. Trasportato a Sestu, il cippo fu visto da alcuni studiosi che tentarono di dare una lettura completa dell'iscrizione incisa, senza riuscirvi perché monco. Successivamente fu utilizzato nelle costruzione delle fondamenta dell'abitazione in cui trovasi ancora. Finalmente fu segnalato all'Università di Cagliari ed un docente ne lesse l'iscrizione. Di pietra calcare, il cippo è spezzato da entrambi i lati; la parte visibile misura cm 6 (?) di altezza e cm. 22,5 di larghezza; l'altezza delle lettere incise varia dai cm. 4,5 ai cm. 6. Apparteneva alla tomba di un soldato romano della 1^ Coorte dei Sardi di stanza in Sardegna nel I secolo dell'impero romano.

Vi si legge:

D(IS) M(ANIBUS) … ERIUS FA… M(ILES) COH(ORTIS) I SAR(DORUM) … QUI VIXIT ANN(IS) XX, M(ENSIBUS) .... E.. RIUS FA…. PIISS(IMO) 

Che può essere tradotto: 

AGLI DEI MAI (divinità romana dell'oltretomba) VALERIO FA(…) SOLDATO DELLA 1^ COORTE DEI SARDI … CHE VISSE 20 ANNI, MESI.. VALERIO FA(…) CON DEVOZIONE PIISSIMO 

L'iscrizione è stata posta in memoria del nostro soldato da un congiunto, probabilmente lo stesso padre, perché i due nomi sono uguali.

 

Iscrizione funeraria di Crisippiana

Si trovava collocata, fino al XIX secolo, sul muro esterno della sacrestia della chiesa di San Giorgio, una lapide marmorea con la seguente scritta: 

D. M. CLAUDIAE CHRYSIPPIANAE 

FILIAE DULCISSIMAE VIX 

ANN. XXXXII M. V. TI CLAUDI 

VS. CHRYSIPPUS PATER 

INFELIX 

 

Naturalmente la lapide proveniva dalla tomba di Claudia Chrysyppiana, morta all'età di quarantadue anni e cinque mesi e l'iscrizione fu fatta mettere dal padre Tito Claudio Chrysippo. Crisippo è nome greco ed era della famiglia Claudia, già ricorrente nell'epigrafia sarda antica. Lo Spano dice che lo stile dell'iscrizione è di un'ammirabile semplicità ed appartiene al principio del primo secolo. L'inconsolabile genitore non poteva esprimere con maggiore laconicità il dolore per la perdita della figlia. Questa lapide, in data imprecisata, venne rimossa dalla chiesa e trasportata al museo archeologico di Cagliari.

 

Iscrizione di Petronia

La località di rinvenimento di questa iscrizione non è certa; forse proviene dalla chiesa di San Gemiliano, oppure da Seurru. Lo scopritore dovrebbe essere stato un certo Francesco Raimondo Perseu e nel XIX secolo si trovava murata nella porta della casa di Giovanni Maxia. Non si conosce la sua fine. Incerta è pure la lettura di questa lapide: 

Lo Schmidt legge: mentre il Baille propone: 

D D. M. 

PETRON/IAE FORTUNATAE SP 

B C:AE ERATAE-EGN 

ATIA-INC./ENUA? ATIA-INGENUA 

/ / / M M. P 

Da ciò si deduce che la lapide doveva essere molto rovinata al momento dell'esame da parte dei due studiosi.

 

Autore: Franco Secci -storico

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